森の「孤独」から都市の「孤独」へ : ペトラルカのミラノ居住をめぐって

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タイトル別名
  • Dalla <<solitudine>>in selva alla<<solitudine>>in citti : Intorno al soggiorno milanese del Petrarca
  • モリ ノ コドク カラ トシ ノ コドク エ ペトラルカ ノ ミラノ キョジュ

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Nel 1353 il Petrarca lascia definitivamente Valchiusa, il suo Elicona transalpino, e si stabilisce a Milano mettendosi sotto la protezione dell'arcivescovo Giovanni Visconti, signore di Milano. Il suo trasferimento suscita vive reazioni fra alcuni dei suoi amici, soprattutto fiorentini. In particolare furono violente le critiche mossegli dal Boccaccio che lo condanno severamente tacciandolo di aver commesso un grave delitto contro la patria (Firenze) e di aver abbandonato la liberta e la solitudo che erano state da lui tanto vagheggiate ed esaltate. Nel presente articolo si intendono chiarire i motivi del trasferimento del Petraca a Milano e nello stesso tempo alcuni degli aspetti fondamentali del suo pensiero e modo di agire. A dirla in breve, vi sono motivi schiettamente umanistici alla base di questo trasferimento del Petrarca: la sua avversione alla 'Babilonia occidentale' e il suo amore per l'Italia e, in particolare, il suo forte desiderio di trovare in Italia un nuovo centro per la sua attivita letteraria e quindi per il nuovo movimento culturale ossia l'umanesimo nascente. Infatti, secondo lui, questo movimento doveva essere sostenuto e portato avanti soprattutto dagli italiani e doveva avere il suo centro in Italia, e possibilmente a Roma che fu caput mundi e che avrebbe dovuto ancora esserlo. Nella realta, tuttavia, la citta di Roma non era adatta alla sua dimora, perche per lui personalmente il nuovo centro doveva garantire, oltre alle circostanze culturali propizie, la solitudo ossia vita solitaria piena di quies, otium e libertas, indispensabili ai suoi studi. A questo riguardo gli pareva che Milano fosse invece il luogo piu acconcio e sicuro per lui e le sue cose. Per il Petrarca, diversamente che per il Boccaccio e altri amici, suoi critici, il vivere sotto un governo monarchico o autocratico non significava necessariamente perdere la propria liberta. Anzi, ad osservare la situazione politico-sociale dell' Italia del tempo, rovinata dal furore delle guerre civili, egli sognava piuttosto il rinnovamento e l'unita dell' Italia sotto un forte governo monarchico e pensava inoltre che senza sicurezza e pace sarebbe stato praticamente impossibile godere di quella liberta che era per lui sostanzialmente tutt'uno con la solitudo. D'altra parte, per il Petrarca, che politicamente desiderava prima di tutto l'unita e la pace d'Italia, nessuno degli stati italiani del tempo poteva costituire una patria nel vero senso della parola e quindi non aveva ragione la critica del Boccaccio che la sua alleanza con il Signore di Milano fosse un delitto contro la patria. Ugualmente, per il Petrarca, era senza senso l'osservazione che a causa del suo trasferimento a Milano, citta popolosa, egli avesse definitivamente abbandonato la solitudo stessa. Infatti per lui solitudo significava, da una parte, ritirarsi in se stesso e stare con se stesso liberandosi completamente dalle cure 'mondane' e, dall' altra, dedicarsi meglio alla propria attivita letteraria per poter giovare di piu al mondo. E a tale attivita la solitudo in citta poteva anche essere piu propizia che non quella in selva. In effetti a Milano non meno che altrove egli riusciva a trovare e godere la solitudo. Durante questo stesso soggiorno milanese, pero, di tanto in tanto egli confessava di essere misero, cosi disturbato dalle cure e fatiche 'mondane'. Tuttavia questa sua infelicita non era causata dal fatto che egli dimorava in una grande citta, ma dallo stesso carattere contradittorio proprio della solitudo da lui concepita: piu essa si ricerca e si realizza, piu essa tende inevitabilmente a riempirsi di cure 'mondane' e quindi a cessare di essere solitudo.

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