タッソと空虚のヴィジョン

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  • Le immagini di "vanita" nel Tasso
  • タッソ ト クウキョ ノ ヴィジョン

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抄録

Nel canto XVI della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso c'e la seguente impressionante descrizione della sparizione del palazzo di Armida. <<Ombra piu che di notte, in cui di luce / raggio misto non e, tutto il circonda, / se non se in quanto un lampeggiar riluce / per entro la caligine profonda. / Cessa al fin l'ombra, e i raggi il sol riduce / pallidi; ne ban l'aura anco e gioconda, / ne piu il palagio appar, ne pur le sue / vestigia, ne dir puossi: "Egli qui fue". <<Come imagin talor d'immensa mole / forman nubi ne l'aria e poco dura, / che 'l vento la disperde o solve il sole, / come sogno se 'n va ch'egro figura, / cosi sparver gli alberghi, e restar sole / l'alpe e l'orror che fece ivi natura.>>(XVI-69, 70) Il faxcino poetico di questa rappresentazione risiede nella vanita simboleggiata da "nubi" e "sogni", topoi tipici dell'autore. In questo articolo considerermo, da tre diversi punti di vista, le immagini usate dal Tasso per rappresentare la vanita. Bisogna anzitutto ribadire l'influenza preponderante della tradizione religiosa sulla sensibilita della cultura europea. Il motivo della vanita si collega con la concezione che il mondo e vano e incostante rispetto ai valori assoluti di Dio. Si deve inoltre considerare la seguente caratteristica della societa del Cinquecento: in piu parti delle opere tassiane viene spesso rappresentato il concetto di relativita, ovvero il pensiero secondo il quale l'interpretazione di uno stesso fenomeno varia secondo il tempo, il luogo e il costume. Tale relativismo trae origine dalla particolare situazione storica dell'Europa del Ciquecento. Nel XVI secolo, in seguito alle grandi scoperte geografiche, si diffusero rapidamente in Europa informazioni sulle societa e i costumi di paesi fino ad allora sconosciuti, i nuovi valori religiosi conseguenti la Riforma e le scoperte scientifiche simboleggiate dall'eliocentrismo. Questi nuovi valori scossero le norme tradizionali della societa e della religione, introducendo un senso di incostanza e vanita del mondo. Non si deve poi sottovalutare l'atteggiamento psicologico del Tasso, la cui visione della vanita e legata strettamente al suo forte soggettivismo. Per l'autore, la realta e solo una immagine fugace, come un sogno, e lo stesso concetto di "visione" e profondamente collegato al suo senso di perdita originato dall'esperienza di essere un tutt'uno con la madre. La perdita dell'essenza assoluta (distacco dalla madre) fa nascere di conseguenza nel Tasso un ardente desiderio di ricupero della suprema beatitudine e dell'armoniosa perfezione del mondo della fanciulezza.

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