ダンテにおける可能知性INTELLECTUS POSSIBILISの問題

書誌事項

タイトル別名
  • L’INTELLECTUS POSSIBILIS IN DANTE
  • ダンテ ニ オケル カノウ チセイ INTELLECTUS POSSIBILIS ノ モンダイ

この論文をさがす

抄録

<p>Il ragionamento filosofico aperto da Dante nel primo libro della Monarchia con il concetto dell’intellectus possibilis, realizzabile solo nella moltitudine del genere umano («Et quia potentia ista per unum hominem seu per aliquam particularium comunitatum superius distinctarum tota simul in actum reduci non potest, necesse est multitudinem esse in humano genere, per quam quidem tota potentia hec actuetur»: I, iii, 8) viene condotto sulla scorta delle tesi di Averroè, come l’Autore stesso dichiara («Et huic sententie concordat Averrois in comento super hiis que De anima»: 9).</p><p>In questo contesto, lo scopo del presente studio è rispondere ad alcune questioni relative alla ricezione della filosofia averroistica da parte dell’Alighieri: in particolare si intende chiarire quale testo fosse presente a Dante, se egli accettasse o meno la concezione del cordovese sull’unità dell’intelletto umano, se tale atteggiamento si differenzi nelle occorrenze del sintagma rilevabili nel Convivio e nel Purgatorio e, in conclusione, se e in che modo esista la possibilità di ordinare cronologicamente i riferimenti danteschi all’intelletto possibile.</p><p>A questo scopo, in primo luogo è opportuno osservare come, in realtà, nel commento di Averroè al De anima aristotelico non si legga un’elaborazione del tema perfettamente sovrapponibile a quella dantesca. Il passo più vicino all’enunciazione della Monarchia pare invece trovarsi, come già sostenuto da Jean-Baptiste Brenet (2006), in un testo di Giovanni di Jandun, Super libros Aristotelis De Anima quaestiones (III, q. 10, col. 283), in cui il maestro parigino, che pure accoglieva la teoria dell’unicità numerica dell’intelletto, rimarcava al tempo stesso il contributo di tutti gli individui alla realizzazione dell’unico intelletto possibile. Concezione, questa, che veniva impartita nell’insegnamento di Giovanni nella facoltà delle Arti dell’università di Parigi a partire dal 1310, e in seguito (nella seconda metà del decennio successivo) trasferita nelle sue opere filosofiche, e che potrebbe essere pervenuta a Dante attraverso il ricordo o gli appunti degli allievi parigini del magister o la lettura delle Quaestiones, pubblicate fra il 1317 e il 1319.</p><p>È dunque possibile sostenere che Dante accettava la teoria dell’unità dell’intelletto umano? Riteniamo di poter rispondere affermativamente a questo quesito, almeno nell’accezione illustrata da Giovanni di Jandun, che si distanzia tuttavia da quella originaria di Averroè. Il maestro sosteneva infatti che l’intelletto fosse unico, ma che tutti gli individui partecipassero alla sua realizzazione, proprio come si afferma nella Monarchia. Dante accoglieva l’idea dell’unità dell’intelletto umano poiché essa rafforzava per analogia la sua dottrina politica e giustificava su base filosofica la figura di un unico imperatore garante della pace e dell’ordine.</p><p>L’esame di alcuni passi che trattano la genesi dell’anima in Dante potrebbe contribuire ad avvalorare questa ipotesi. Nel Convivio (IV, xxi, 4-7) e nel Purgatorio (XXV, 37-75), infatti, Dante accenna all’intelletto possibile, dato all’anima umana direttamente da Dio e assolutamente individuale: concetto palesemente non-averroistico. In Paradiso VII, 130-144, però, riprendendo il tema della genesi dell’anima, l’Autore sostituisce la definizione intelletto possibile – precedentemente riferito all’intelletto individuale – con il più piano vita. Questo potrebbe far trasparire la scelta dantesca di assegnare al sintagma un più preciso significato: quello, presente nella Monarchia, dell’unico intelletto della specie umana.</p><p>Gli elementi fin qui menzionati inducono ad elaborare un’ipotesi che renda conto della successione cronologica della stesura dei quattro brani danteschi menzionati (Conv. IV, xxi; Pg. XXV; Pd. VII; Mon. I, iii). Si ritiene</p><p>(View PDF for the rest of the abstract.)</p>

収録刊行物

詳細情報 詳細情報について

問題の指摘

ページトップへ